CARPE Diem Quinto Orazio Flacco Ode 1.11

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Nestor Carigno
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CARPE Diem Quinto Orazio Flacco Ode 1.11

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Carpe diem
di Quinto Orazio Flacco, Ode 1.11

Tu ne quaesieris, scire nefas,
quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe,
nec Babylonios
temptaris numeros.

Ut melius, quidquid erit, pati.
Seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum:
sapias, vina liques et spatio brevi
spem longam reseces.

Dum loquimur, fugerit invida aetas:
carpe diem quam minimum credula postero.


Carpe Diem (traduzione di Vincenzo Lisciani Petrini)

Tu non chiedere, non è lecito saperlo,
quale Destino abbiano dato gli dei a me o a te,
Leuconoe, e non mettere alla prova
gli oroscopi babilonesi.

Accetta, come meglio potrai,
quel che dovrà accadere.
Sia che Giove ci abbia assegnato più inverni,
sia che questo, che adesso spinge il Tirreno
contro le scogliere sia l’ultimo, sii saggia:
centellina i vini e scaccia la lunga speranza
per la breve vita.

Mentre parliamo,
il tempo malvagio sarà ormai fuggito:
cogli l’attimo,
il meno possibile fiduciosa nel domani.
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